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I record della Bocchetta: 1954 Giuseppe Buratti

Scrive l'amico Giuseppe Castelnovi: Appennino vuol dire Bocchetta, Bocchetta vuol dire Appennino. Un giorno (lontano, ormai) chiesi a Vincenzo Torriani perché mai non inserisse nel Giro d'Italia la salita che Ghiglione mi aveva spiegato perché l'avessero battezzata "delle streghe" e che un altro amico, Rebora, mi aveva detto che mozzava il fiato riempiendo i polpacci di piombo.

Il patron del Giro sorrise, staccò la sigaretta dalle labbra, e rispose: "La Bocchetta è di Ghiglione, è dell'Appennino". Da sempre la Bocchetta è il simbolo del Giro dell'Appennino. Inclusa, nonostante fosse ancora completamente sterrata, sin dalla prima edizione, quando con la denominazione di Circuito dell'Appennino la corsa era aperta ai professionisti di seconda categoria e ai dilettanti e lunga 140 chilometri, la salita è diventata sempre più mitica e sempre più inscindibilmente legata alla corsa polceverasca. Faceva (e fa paura) anche ai migliori, che però sempre si sono voluti cimentare con essa. Anche Eddy Merckx, "il cannibale", che non ha mai partecipato alla nostra corsa (pare per una questione economica di ingaggio), come racconta Marino Vigna, suo compagno di squadra, volle provarla, in allenamento, trovandola impegnativa anche per un campione come lui.

Il mito della Bocchetta è stato alimentato negli anni anche dal record, la "corsa nella corsa", con un premio particolare, un titolo che negli anni è stato solo di Campioni che hanno nel proprio palmares anche importantissime corse.

La salita fu cronometrata per la prima volta nel 1954. Sul Passo transitò per primo Giuseppe Buratti. Lo scalatore di Motta Visconti, scomparso il 26 maggio 2008, quel primo agosto fu molto attivo. Già primo sul primo Gran Premio della Montagna del Passo dei Giovi, sulla salita della Bocchetta raggiunse, con Angelo Conterno, Pasquale Fornara che era scattato sulle prime rampe, poi andò su da solo e alle 14,57 transitò per primo con il tempo di 25"00". Giuseppe Buratti era reduce dalla vittoria colta il 4 luglio nel Giro delle Alpi Apuane (la gara che nel 1958 fu appannaggio del genovese Luigi Zaimbro). Buratti resistette al comando anche nella terribile discesa, polvere e ghiaia, forature, anche ripetute misero in difficoltà tutti ciclisti. A Voltaggio mantiene un minuto e mezzo sugli inseguitori, a Serravalle è ancora primo, ma il distacco diminuisce, e complice il vento contrario è raggiunto poco prima di Ronco Scrivia da Angelo Conterno, Luigi Gabrioli, Pasquale Fornara, Tranquillo Scudellaro (reduce dalla vittoria nella Coppa Kaiser) e Giorgio Albani. Sul Passo dei Giovi Pasquale Fornara (che la settimana successiva è al via del Giro di Svizzera, che vincerà su Agostino Coletto e Giancarlo Astrua) si staccò per crampi allo stomaco, primo sul GPM fu Conterno su Albani e Buratti.

In discesa si staccò anche Scudellaro. A Pontedecimo Giorgio Albani partì ai 200 metri, fu il più veloce e vinse nettamente su Angelo Conterno (il vincitore della Vuelta del 1956) e Luigi Gabrioli. Giuseppe Buratti fu quarto, Tranquillo Scudellaro quinto a 42". Pasquale Fornara, raggiunto, chiuse il gruppetto che comprendeva anche Alfredo Martini e Bruno Monti che arrivò a 1' e fu regolato da Rino Benedetti. Giuseppe Buratti conquista nel 1955 la classifica degli scalatori alla Vuelta Espana. In questa corsa a tappe partecipa con l'Italia B, capitanata da Gastone Nencini. L'Italia A era invece capitanata da Fiorenzo Magni, vincitore poi del Giro d'Italia di quell'anno su fausto Coppi e su Gastone Nencini. Secondo dietro a Gilbert Bauvin nella prima tappa Bilbao San Sebastian, vince la maglia bianca di miglior scalatore con 35 punti su Antonio Gelabert (30 punti) e Gilbert Bauvin (20 punti). In classifica generale finisce ottavo (il vincitore è il francese Jean Dotto), a 8'42", ma è il migliore degli italiani. Magni termina 13.o a 12'29", Nencini 18.o a 20'12". L'anno successivo il record di Buratti è solo uguagliato da Fausto Coppi, e resiste sino al 1970, quando verrà battuto per 18" da Gianni Motta. E' il record più duraturo, resiste per ben 16 anni, ma nelle statistiche non viene considerato perché la salita non è stata cronometrata ufficialmente dal 1956 al 1962.

Buratti salì sul podio al Giro dell'Appennino del 1956, nuovamente battuto in una volata ristretta, questa volta da Cleto Maule (che nel 1955 aveva vinto il Giro di Lombardia). Secondo, davanti a Buratti, fu Bruno Monti.

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